venerdì 18 marzo 2016

L'inizio che fa la differenza

Fino a quel "momento" avevo percepito il mondo come un'unica entità, come un enorme blocco in cui convogliavano i miei vissuti soggettivi e tutta la gamma delle sensazioni e delle esperienze oggettive. Verosimilmente amo tutta questa ricchezza, è che il mondo filtrato attraverso quell'ottica mi pareva riduttivo, mi sembrava di viverlo a metà... 
Cercavo "qualcosa" che rendesse la quotidianità più affine alla mia memoria individuale, che la trasformasse in una mia potenzialità implicita; dunque mi chiesi: come posso fare per allontanare da me la molteplicità dell'ordinario? A quel punto presi in mano la penna e iniziai a scrivere l'incipit del mio primo racconto; fu un'azione spontanea, un riflesso condizionato, direi un moto subliminale. 
Lì per lì non badai al registro lessicale, tanto meno allo stile. Scrivendo avevo trovato il modo di isolare e rendere narrabile il messaggio che intendevo inviare, avevo trovato il modo di lasciare una mia impronta personale nella molteplicità dell'ordinario: questa era la cosa che aveva davvero importanza... 

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